La settimana scorsa la Spagna ha fermato le “lancette” dell’inflazione all’1,6%, lontanissima dal 5,5% dell’Eurozona. Un livello spiegabile soltanto grazie all’azione del Governo, che, di fatto, ha calmierato i prezzi con alcuni interventi eccezionali, quali il taglio dell’Iva su molti generi alimentari: se ce ne fosse bisogno, la conferma che soltanto con le politiche monetarie il raggiungimento dell’obiettivo (portare l’inflazione nei limiti “target”) richiede tempo, molto tempo. Oltre che essere accompagnato da un’elevata probabilità che lo “scotto” della recessione sia quasi inevitabile. Emerge, infatti, che l’indice manufatturiero sia pressochè ai minimi, sia in Europa che in Usa, dai tempi della pandemia, ben sotto la soglia dei 50 punti, lo “spartiacque” tra un’economia in crescita e una in crisi.
A maggio l’indice Pmi di S&P era a 44,8; peggio ha fatto la UE, con l’indice fermo a 43,4, sotto il previsionale di 43.6. La Germania è piombata addirittura a 40,6, mentre il dato italiano è appena oltre la media UE (43,8).
Uno scenario reso ancor più complicato da una domanda che stenta a crescere e da ordini, almeno nel breve termine, in ulteriore diminuzione.
Va detto, peraltro, che prendere a riferimento solo l’attività manufatturiera può essere fuorviante. Forte, infatti, in molti Paesi, è la “contribuzione” al PIL che deriva dai servizi.
Negli Usa, per esempio, si calcola che l’attività manufatturiera valga solo il 10% del Prodotto nazionale. E nelle aree a maggior “trazione industriale” (vedi la Baviera in Germania e alcuni “distretti produttivi” in Italia) comunque si arriva a circa il 20% del PIL.
La crescita italiana, al momento, come noto, maggiore rispetto ad altre economie, è conseguenza, quindi, di una crescita superiore alle attese per quanto riguarda i servizi, con turismo e ricettività che, con l’arrivo della bella stagione, hanno avuto una forte accelerazione. E dove si concentra l’aumento dei prezzi che rende così resiliente (paradossale il caso dell’aumento dei prezzi dei biglietti aerei, arrivato a toccare il 50%, al punto che il Governo ha convocato, in questi giorni, un tavolo con le Compagnie aeree per trovare un rimedio).
Chi, invece, sembra aver superato il problema dei prezzi è la Svizzera, dove i prezzi al consumo, a giugno, hanno toccato l’1,7%, nei limiti, quindi, del 2% fissato dalla Banca Centrale Svizzera.
La Svizzera da sempre è un Paese a bassa inflazione. La spiegazione va individuata nella forza della propria valuta: il franco svizzero è, storicamente, una delle valute più forti al mondo, al punto che la stessa Banca Centrale deve costantemente intervenire per “indebolirlo”, in modo da non penalizzare le esportazioni, uno dei settori più dinamici per l’economia elvetica. Una valuta forte, peraltro, è uno degli strumenti più efficaci per “difendersi” dall’inflazione “importata”. Ecco, quindi, che lasciando più libero alle fluttuazioni (in questo caso più che “fluttuazioni” si dovrebbe parlare di movimento “unidirezionale”) il cambio, si ottiene l’effetto desiderato (il contenimento dei prezzi) senza ricorrere alla più classica delle manovre, qual è, appunto, l’aumento dei tassi. Aumento che, comunque, ha interessato anche la Confederazione elvetica, con i tassi che sono arrivati all’1,75%, con 5 rialzi negli ulti mi 12 mesi. Con la Banca Centrale che continua a dirsi pronta a nuovi interventi nel caso in cui l’inflazione dovesse configurarsi nuovamente oltre il 2%.
Oggi i mercati sono “orfani” di Wall Street, chiusa per la festività dell’Independence day. Peraltro, complice il lunedì, anche ieri i mercati americani (che hanno chiuso ben prima del solito) hanno avuto un’attività molto ridotta.
Questa mattina a Tokyo il Nikkei (- 1,09%) ripiega dai massimi degli ultimi 33 anni toccati ieri.
Attorno alla parità, in questi minuti, Shanghai e, a Hong Kong, l’Hang Seng.
Lieve rialzo (+ 0,5%) per la borsa di Sidney dopo che la Banca Centrale australiana ha lasciato invariati i tassi al 4,1%.
Sulla parità l’India, mentre ha chiuso in leggero ribasso il Kospi a Seul.
Futures intorno alla parità (appena più deboli quelli Usa, che vengono comunque trattati anche se i mercati sono chiusi).
Petrolio senza particolari oscillazioni; WTI a $ 70,14, in rialzo dello 0,40%.
Gas naturale Usa a $ 2,696, – 0,63%.
In lieve ripresa l’oro, a $ 1.933,30.
Spread a 166,9, con il BTP al 4,12%.
Bund 2,43%.
In leggero indebolimento il $, con €/$ che torna a 1,0902.
Bitcoin a $ 31.017.
Ps: giornata storica, oggi, per Milano. Non perché vi sia una forte “colonia” americana e, quindi, si festeggi il 4 luglio in forma istituzionale. Ma perché si inaugura la nuova tratta della metropolitana (M4) che collega l’Aeroporto di Linate con il centro della città (S. Babila). Saranno sufficienti 12’ per raggiungere lo scalo aeroportuale. Insomma, l’Europa e il mondo sono un po’ più vicini (e, soprattutto, più semplici da raggiungere).